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Tumore del fegato (epatocarcinoma)

Tumore del fegato (epatocarcinoma)

Il principale tumore maligno del fegato è il carcinoma epatocellulare o epatocarcinoma (HCC). Nella maggior parte dei casi esso insorge su un fegato cirrotico (solitamente 20-30 anni dopo l’insulto epatolesivo); un restante 25 per cento dei pazienti non è affetto da cirrosi e non presenta fattori di rischio per lo sviluppo di cirrosi. L’HCC rappresenta circa il 2 per cento di tutti i tipi di tumore. La sua incidenza a livello europeo è di 7 casi annuali ogni 100 mila abitanti tra i maschi e 2 ogni 100 mila tra le femmine.

In generale, le patologie neoplastiche che interessano il fegato vengono distinte in primitive e secondarie. Le prime originano dalle cellule che costituiscono i tessuti epatici e possono essere benigne (adenoma, iperplasia nodulare focale, emangioma) o maligne (carcinoma epatocellulare e colangiocarcinoma). Le neoplasie di più frequente riscontro a livello epatico sono quelle secondarie (metastasi). Si tratta di neoplasie maligne che originano in sedi diverse dal fegato e lo raggiungono per diffusione ematogena. Le neoplasie primitive di origine più frequenti sono i tumori del tratto gastroenterico, in primis quelli del colon-retto, anche se possono essere implicati tumori primitivi di altre sedi.

Le metastasi epatiche possono essere singole o multiple, di dimensioni variabili da pochi millimetri a diversi centimetri. Possono essere presenti già al momento della diagnosi del tumore primitivo (metastasi sincrone) oppure comparire in un periodo successivo (metastasi metacrone). In alcuni casi il riscontro di metastasi epatiche può rappresentare la prima evidenza di un tumore a partenza primitiva non nota, la cui diagnosi può essere stabilita dopo biopsia della lesione epatica.

Prevenzione

La prevenzione dell’HCC passa per la riduzione dell’esposizione ai fattori di rischio della malattia. Quelli classici dell’epatocarcinoma sono i virus dell’epatite B (HBV) e dell’epatite C (HCV) e la cirrosi epatica, sia conseguente a epatite sia correlata all’abuso di alcol; sono state indicate associazioni anche con fumo, aflatossine e contraccettivi orali.

Sintomi

Generalmente l’HCC è un tumore a crescita lenta e nella maggior parte dei casi si presenta in stadio avanzato. I tumori di piccole dimensioni spesso non danno sintomi e vengono solitamente individuati nell’ambito di programmi di screening o in maniera casuale, durante esami di diagnostica per immagini effettuati per altri fini.

I tumori di grandi dimensioni provocano più frequentemente sintomi quali il dolore a livello del quadrante addominale superiore, la presenza di massa, un calo di peso.

I segni e i sintomi dipendono dall’entità del deterioramento della funzionalità epatica: anoressia, astenia, ittero (colorazione gialla della pelle e delle sclere dell’occhio), ascite (ritenzione di liquido in cavità addominale), ingrossamento del fegato (epatomegalia), ingrossamento della milza (splenomegalia), sanguinamento delle varici esofagee, encefalopatia. Possono essere presenti febbre e sanguinamento intraddominale.

Diagnosi

Gli studi di immagini ricoprono un ruolo centrale nella diagnosi e nella stadiazione del carcinoma epatocellulare. Quelli utilizzati sono l’ecografia, che rappresenta l’esame di primo livello nei pazienti cirrotici, la tomografia assiale computerizzata e la risonanza magnetica nucleare epatica. Per la diagnosi del carcinoma epatocellulare si procede inoltre, nei casi indicati, all’esecuzione di una biopsia per conferma istologica.

Presso lo IOV si eseguono accurati esami clinici e vengono valutati gli eventuali accertamenti già eseguiti dal paziente che giunge con diagnosi di neoplasia epatica. Viene quindi impostato un iter diagnostico completo, organizzando gli ulteriori approfondimenti considerati necessari al fine di garantire un inquadramento globale della patologia e delle condizioni del paziente.

Cura

L’approccio all’epatocarcinoma è multidisciplinare in quanto il trattamento dipendente dallo stadio del tumore, dal grado di compromissione epatica e dalle condizioni generali del paziente. Sulla base di questi parametri viene scelto il trattamento più indicato. Completato l’iter diagnostico viene pertanto eseguita una valutazione improntata sul confronto e sulla collaborazione tra le diverse figure professionali che operano all’interno dell’Istituto Oncologico Veneto (oncologi medici, gastroenterologi ed endoscopisti, anestesisti, radioterapisti, radiologi ed anatomo-patologi). Lo scopo è definire un percorso terapeutico personalizzato, fondato sulla sinergia tra le diverse opzioni di trattamento disponibili, secondo protocolli e linee guida condivisi.

Chirurgia

Dove possibile, la prima scelta è il trattamento chirurgico che prevede, in linea generale, la resezione della porzione di parenchima epatico interessata dalla neoplasia. Si tratta di interventi che possono risultare anche complessi e non scevri da complicanze; il tipo e l’estensione della resezione e l’approccio chirurgico (laparotomico o laparoscopico) possono però variare considerevolmente in relazione alla natura della neoplasia, alle sue dimensioni e localizzazione, nonché in base alle condizioni del paziente. Durante i colloqui pre-operatori il paziente riceverà tutte le informazioni relative alla sua patologia, al programma chirurgico stabilito e agli eventuali trattamenti integrati più idonei; verranno illustrati anche i rischi e le complicanze potenzialmente connesse alla procedura chirurgica proposta.

Dopo l’intervento chirurgico viene quindi definito e messo in atto un percorso di follow up strutturato, stabilendo i successivi controlli chirurgici e le valutazioni oncologiche necessarie per la prosecuzione delle cure.

Il trattamento delle neoplasie epatiche può prevedere, oltre al trattamento chirurgico, anche una serie di trattamenti loco-regionali (radiofrequenza, termoablazione, procedure di chemioembolizzazione), eseguibili come atto terapeutico isolato o come integrazione alla resezione chirurgica (attuabile nella fase pre-operatoria, intraoperatoria o post-operatoria), oltre alla possibilità di chemioterapia sistemica.

Durante la degenza post-operatoria il team chirurgico sarà affiancato dalle altre figure professionali coinvolte nel percorso assistenziale e riabilitativo del paziente: antalgisti, fisiatri, fisioterapisti, nutrizionisti e psicologi. L’obiettivo è la presa in carico globale del paziente, per garantire il miglior supporto dal punto di vista fisico e psicologico e assicurare il più rapido e completo recupero post-operatorio.

Altre opzioni terapeutiche

In alcuni casi può essere indicato il trapianto di fegato.

Se la malattia si trova in stadio avanzato il trattamento in grado di prolungare significativamente la sopravvivenza del paziente è la terapia sistemica con Sorafenib.

Negli ultimi anni diversi studi hanno inoltre dimostrato l’efficacia di nuovi farmaci per il trattamento sistemico del carcinoma epatocellulare: recentemente sono stati approvati per l’utilizzo in Italia regorafenib come terapia di seconda linea dopo sorafenib, e lenvatinib come possibile alternativa a sorafenib nel trattamento di prima linea per alcune categorie di pazienti. Sono inoltre in corso diversi studi su modalità terapeutiche innovative, in particolare nel campo dell’immunoterapia, che nei prossimi anni potrebbero ulteriormente aumentare i farmaci a disposizione per il trattamento di questa patologia.

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