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LO IOV AL CONGRESSO ANNUALE DELL’AMERICAN SOCIETY OF CLINICAL ONCOLOGY (ASCO)

LO IOV AL CONGRESSO ANNUALE DELL’AMERICAN SOCIETY OF CLINICAL ONCOLOGY (ASCO)
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Istituto Oncologico Veneto in prima fila nello studio internazionale “CheckMate 142” che viene presentato Domenica 5 giugno a Chicago, al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO). Dall’immunoterapia arrivano avanzamenti importanti nella cura dei pazienti affetti da cancro del colon-retto con metastasi diffuse.

La terapia giusta per il paziente giusto al momento giusto. È nel filone, sempre più importante, della “medicina di precisione”, che si inserisce lo studio “CheckMate 142”, la cui assoluta rilevanza è sottolineata dalla sua presentazione al Congresso ASCO, in programma a Chicago dal 3 al 7 giugno.

Lo studio ha coinvolto una quindicina di centri di tutto il mondo, di cui solo 3 in Italia, in primis l’Istituto Oncologico Veneto (IOV) – IRCCS e in particolare l’Oncologia Medica 1 diretta dalla Dr.ssa Vittorina Zagonel, che ha dato un forte contributo alla ricerca trattando 16 dei 100 pazienti arruolati a livello globale.

I risultati preliminari dimostrano che pazienti affetti da carcinoma del colon-retto in stadio avanzato e caratterizzato da una particolare alterazione, chiamata “alta instabilità microsatellitare (MSI-H)”, beneficiano in maniera altamente rilevante di una immunoterapia con il farmaco nivolumab, da solo o in associazione con ipilimumab. Si tratta di risultati potenzialmente practice changing, volendo intendere che essi, cambiando la pratica clinica, possono fornire un beneficio immediato per i pazienti di tutto il mondo.

«L’immunoterapia è una delle nuove frontiere di trattamento di molte neoplasie – afferma la dr.ssa Zagonel – Nel tumore del colon-retto abbiamo la possibilità di selezionare i pazienti più responsivi mediante una semplice analisi sul campione tumorale. Tale caratteristica interessa solo il 5% dei tumori in stadio avanzato, pertanto per selezionare i pazienti per questo studio servivano volumi di attività molto elevati nella patologia colorettale. Come centro di riferimento potevamo garantirli e abbiamo quindi aderito con entusiasmo allo studio, diventando il centro italiano più attivo nell’arruolamento dei pazienti e contribuendo in modo sostanziale a provarne l’utilità clinica».

La dr.ssa Sara Lonardi, coautrice della presentazione e responsabile della Struttura Semplice di Coordinamento del Trattamento di Tumori Colorettali dell’Oncologia Medica 1, precisa: «Benché l’efficacia di questo trattamento sia limitata a una quota minoritaria di pazienti, l’ottima tollerabilità e l’entità ampia del beneficio lo rendono sicuramente una prima scelta in pazienti che abbiano ricevuto almeno una linea di terapia standard per il loro tumore MSI-H. Infatti, il trattamento con nivolumab, da solo o in associazione, consente a pazienti anche già fortemente pretrattati di raggiungere sopravvivenze ben oltre l’anno, quando comunemente superano di poco i 3 mesi. Il beneficio che si potrà ottenere anticipando l’utilizzo dell’immunoterapia a fasi più iniziali potrebbe essere ancora molto superiore, ma questo andrà verificato con ulteriori studi. Certo, non è semplice valutare tutti i pazienti per identificarne solo una piccola quota da trattare. Tuttavia, ciò su cui si basa la cosiddetta “medicina di precisione”, sulla quale anche il nostro Istituto sta investendo molto, è proprio il riconoscimento di piccoli sottogruppi di pazienti che possano essere trattati con terapie mirate ottenendone grande beneficio. In poche parole, non un trattamento uguale per tutti ma la terapia giusta per il paziente giusto al momento giusto».

«Il lavoro che abbiamo compiuto è un successo su due fronti – commenta ancora la dr.ssa Zagonel – Il versante clinico e quindi il vantaggio che i pazienti otterranno non appena la terapia sarà resa disponibile è certamente il più importante, ed è il motore principale di tutti i nostri sforzi. In secondo luogo è fondamentale notare che questi risultati sono stati ottenuti grazie a un grosso investimento da parte di tutti i professionisti coinvolti: per identificare 29 pazienti candidabili, di cui 16 arruolati nello studio e trattati, abbiamo dovuto valutarne 450, con una mole di lavoro sostenuta solo in parte da case farmaceutiche, donazioni private e fondi pubblici e resa possibile soprattutto dall’impegno di medici, ricercatori, infermieri e data-manager che molto spesso si spingono ben oltre il normale orario di servizio per fare ricerca».

«Siamo fieri – aggiunge la dr.ssa Lonardi – di aver dato un buon contributo allo studio, tenendo egregiamente il passo di istituzioni straniere ben più grandi e note di noi, come MD Anderson Cancer Center e USC Norris Cancer Center, negli USA, o Hopital Sant’Antoine, a Parigi, e talora superandole. Siamo un IRCCS ancora giovane e relativamente piccolo ma la nostra professionalità trova un buon riconoscimento anche in campo internazionale. Questo è molto importante anche per avere sempre più nuovi farmaci da proporre ai nostri pazienti».

Lo studio CheckMate 142 non è l’unico trial condotto allo IOV in discussione all’ASCO di quest’anno. Infatti, verranno presentati anche i risultati finali dello STAR01,  studio italiano multicentrico di terapia neoadiuvante nel carcinoma del retto. «Questo studio totalmente no-profit – spiega la dr.ssa Lonardi – è partito ben nove anni fa, richiedendo un’osservazione molto lunga dei 740 pazienti trattati in tutta Italia e i risultati sono disponibili solo ora. In qualità di Segreteria Scientifica dello Studio ho avuto modo di seguirne tutte le tappe e in particolare l’analisi finale. L’obiettivo era evidenziare un vantaggio in termini di sopravvivenza (ovvero di guarigioni definitive) intensificando il trattamento preoperatorio del carcinoma del retto con due chemioterapici (oxaliplatino e fluorouracile) associati alla radioterapia, rispetto al solo fluorouracile. Benchè non raggiunga formalmente la significatività statistica, lo studio ha evidenziato una riduzione del rischio di morte per la combinazione. Ora sarà fondamentale valutare il nostro dato insieme a quello di altri tre studi simili (tedesco, francese e americano) per chiarire in maniera definitiva quali siano i pazienti che davvero beneficiano della intensificazione del trattamento».

Conclude la dr.ssa Zagonel: «Questi studi sono un esempio della grande capacità di qualità e innovazione che possiamo avere anche nei Centri italiani. Un grande ringraziamento va a tutti i colleghi, agli infermieri, alle data-manager, ai farmacisti e al personale di supporto che hanno reso possibile la conduzione della ricerca all’interno dello IOV e un “grazie” ancor più grande va ai pazienti e ai loro familiari, che hanno accettato, per un rapporto di fiducia nella professionalità del medico e della struttura, di partecipare alla sperimentazione».

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