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ALL’ISTITUTO ONCOLOGICO VENETO IL PRESEPE VIVENTE “FORMATO FAMIGLIA”, RACCOLTO ATTORNO ALLA CURA CHE VERRÀ

ALL’ISTITUTO ONCOLOGICO VENETO IL PRESEPE VIVENTE “FORMATO FAMIGLIA”, RACCOLTO ATTORNO ALLA CURA CHE VERRÀ
Comunicati stampa, Iniziative

Una Natività particolare, animata da pazienti, personale sanitario, volontari dello IOV, a testimoniare che la lotta alla malattia oncologica abbisogna dell’apporto di tutti: della determinazione dei pazienti, dell’impegno di medici, infermieri e operatori, della volontà dei ricercatori di trovare e sperimentare nuove strade terapeutiche. Tra le braccia di Maria e Giuseppe, il cuore simbolo dello IOV, a rappresentare tutti coloro che, in qualsiasi ambito, con i loro “battiti” contribuiscono al progresso della ricerca, della diagnosi e della cura.

Il DG Benini: «Oggi, giorno di Santa Lucia, vogliamo che questo simbolico presepe vivente sia per tutti i malati un momento di condivisione e di luce. La nostra stella cometa è la ricerca scientifica, perché senza una ricerca di alto profilo non c’è cura e non si può ampliare la platea dei guariti. È la ricerca che permette ai nostri occhi di traguardare l’orizzonte, perché coltiviamo un sogno: un mondo finalmente liberato dal cancro. Il Natale per noi significa proprio questo: riuscire ad avvicinarci, giorno dopo giorno, a quello che stiamo cercando».

È un presepe vivente “formato famiglia” quello allestito oggi all’Ospedale Busonera di Padova, sede dell’Istituto Oncologico Veneto IRCCS. Una Natività particolare, animata da pazienti, personale sanitario e volontari dello IOV, a significare: un percorso di ricerca, come fu la ricerca di un alloggio per Maria e Giuseppe; la festosità di una nascita, come è l’auspicato obiettivo di sconfiggere il cancro; la condivisione della gioia e il ringraziamento che fu dei pastori, come testimonianza che la lotta alla malattia oncologica abbisogna dell’apporto di tutti: della determinazione dei pazienti, dell’impegno di medici, infermieri e operatori sanitari e della volontà dei ricercatori di trovare e sperimentare nuove strade terapeutiche.

Così Maria e Giuseppe sono stati personificati da Enrica Mengato, 35enne di Abano Terme, nel 2020 colpita da cancro al seno, e da Lorenzo Rama, 23enne di Dueville (Vicenza) che ha sconfitto un sarcoma. Attorno, la vivandiera Stefania Zovato, responsabile dell’Unità operativa semplice dipartimentale Tumori Ereditari, i pastori Giuliano Malacco e Roberto Luciani, volontari AVO (Associazione Volontari Ospedalieri) e le contadinelle Laura Fontolan ed Erika Cavalletto, infermiere della ricerca. Tra le braccia di Maria e Giuseppe, il cuore simbolo dell’Istituto Oncologico Veneto, a rappresentare tutti coloro che, in qualsiasi ambito, con i loro “battiti” contribuiscono al progresso della ricerca, della diagnosi e della cura.

Ad allietare la rappresentazione, donando il loro tempo, sono stati alcuni componenti della compagnia musicale UVM Show&Musical, conosciuta e apprezzata a livello internazionale anche per aver tradotto in italiano musical del calibro di Grease e Sister Act, a significare che ciascuno può essere di aiuto dimostrando sensibilità e donando serenità in un percorso faticoso di ricerca e speranza. A condividere questo significato speciale della Natività è giunto il vicario generale della diocesi di Padova, Monsignor Giuliano Zatti.

«Nel percorso della “Ricerca del Natale”, che quest’anno lo IOV ha intrapreso, vogliamo che questo simbolico presepe vivente, allestito non a caso oggi, giorno di Santa Lucia, sia per tutti i malati un momento di condivisione e di luce – sottolinea il Direttore Generale, Patrizia Benini – L’Istituto Oncologico Veneto è una grande famiglia formata da pazienti, operatori sanitari, studiosi e volontari. La nostra stella cometa è la ricerca scientifica, perché senza una ricerca di alto profilo non si può ampliare la platea dei guariti: è la ricerca che permette ai nostri occhi di traguardare l’orizzonte, la sua luminosità ci guida, passo dopo passo. Perché, sapete, noi coltiviamo un sogno: un mondo dove il cancro è stato sconfitto. Il Natale per noi significa proprio questo: riuscire ad avvicinarci, giorno dopo giorno, a quello che stiamo cercando».

Racconta Enrica Mengato – Maria: «Era il 28 dicembre 2020 quando mi sedetti per la prima volta sulla poltrona della chemio. Gli occhi erano colmi di lacrime che, cascasse il mondo, non dovevo far scendere. Fu un po’ come trattenere il respiro per sei lunghi mesi. Quel primo giorno di chemioterapia nella mia borsa c’era anche un libro ricevuto in regalo, il mio tentativo di distrazione. Chi è entrato in questo luogo per curarsi, almeno una volta, si è sentito incredibilmente solo nel suo percorso. Nessuno è felice di entrare in un ospedale; io ero arrabbiata, rinchiusa nel mio silenzio e tutto mi sembrava surreale. Poi, con il passare del tempo ho scoperto che, effettivamente, ciò che fa riaffiorare o che causa i brutti ricordi e le brutte sensazioni sono solo gli oggetti: la poltrona della chemio, il turbante sulla testa, l’ago della flebo, il freddo tavolo operatorio, l’incessante voce robotica che chiama un numero in fila all’altro. La verità è che la solitudine svanisce quando ricordi le persone, quando incontri le persone che fanno dell’ospedale la tua seconda casa per un po’, quando sai che qui hai sempre qualcuno che ti può aiutare, che può darti una risposta. Sono le persone che mi hanno fatta sentire al sicuro, sono i pazienti, che chiamo “compagni di viaggio”, che mi hanno permesso di condividere, sono i medici che mi hanno permesso di essere qui e di affrontare la malattia anche dal punto di vista psicologico. Quel 28 dicembre 2020, da quel libro lessi una frase di Enzo Bianchi che ho capito essere una breve, ma profonda, rappresentazione del significato di questo luogo: “Gioia non è altro che avere uno sguardo attento verso gli altri”».

Lorenzo Rama – Giuseppe riflette: «Avere questo ruolo nel presepe ha un significato molto profondo: la forza di crederci sempre e non mollare mai, quella di saper alzare lo sguardo e vedere davanti a sé anche solo una piccola luce, una piccola stella, un piccolo Natale a cui aggrapparsi. Questa stella è la fede, è la speranza, è la famiglia… è lo IOV! La famiglia è la forza che ti sostiene sempre, nel bene e nel male. Una gioia e una tristezza condivise sono la miglior medicina, da cui puoi ripartire e tirare fuori il meglio di te. Ed è ciò che fa ogni giorno lo IOV: sostiene, ci crede, piange e ride assieme a te, ma soprattutto è una grande famiglia che non molla mai».

«Natale è nascita, nascita è famiglia, famiglia è anche IOV. La nostra mission? Curare, aiutare, occuparci di ricerca – sottolinea la dottoressa Stefania Zovato, oggi vivandiera – anche al fine di evitare le storie dolorose di malattia già avvenute all’interno di alcune famiglie. Solo con il lavoro di squadra possiamo dire di aver raggiunto e ottenuto negli anni splendidi risultati, sia nel campo della clinica che della ricerca. E la squadra siamo tutti: pazienti assieme a medici, biologi, psicologi, tecnici, farmacisti e ricercatori in genere. Di strada ne abbiamo ancora molta da percorrere, ma insieme si possono raggiungere mete insperate!».

«Essere infermiera di ricerca allo IOV – dice la contadinella Erika Cavalletto – vuol dire sentirsi parte del problema che il paziente sta vivendo, e accompagnarlo in questa esperienza che talvolta vive in solitudine. Spesso abbiamo la consapevolezza che questa condivisione lo aiuti, anche solo per qualche ora, a sentirsi meglio e a vivere con minore angoscia il suo percorso di cura perché il paziente sa che entrando da quella porta, troverà sempre chi lo ascolterà e conforterà. Noi osserviamo i pazienti, ammiriamo il loro coraggio e impariamo da loro a capire ciò che conta davvero nella vita».

«Il presepe che rappresentiamo oggi non è altro che il cammino terreno dell’uomo, dall’ignoranza alla conoscenza, dalla morte alla rinascita, dalle tenebre alla luce – osserva il pastore Giuliano Malacco, volontario – La famiglia è, senza dubbio il luogo privilegiato per salvaguardare i valori della nostra coscienza nazionale, la cittadinanza, la civiltà e la memoria. Troviamo famiglia in questo Istituto: le cure e la ricerca sono le protagoniste della lotta quotidiana di medici e ricercatori per sconfiggere il cancro e in esse sono riposte le speranze di migliaia di pazienti. Ed è in questo ambito sanitario che i volontari sono di supporto a questa grande famiglia, come tessitori di ascolto e accoglienza».

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