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Tumore dell’endometrio

Tumore dell’endometrio

Il tumore dell’endometrio rappresenta la principale neoplasia dell’utero ed il più frequente tumore ginecologico nei paesi maggiormente industrializzati, occupando il quarto posto tra le cause di cancro nel sesso femminile, dopo il tumore della mammella, del colon e del polmone. È tipico della post menopausa e il picco di incidenza si ha tra i 50-70 anni.

Il fatto che tale malattia sia più frequente nelle nazioni più ricche fa ipotizzare che condizioni ambientali e stili di vita, tipici di queste aree geografiche, rappresentano fattori di rischio per il carcinoma dell’endometrio. Tra questi vi sono regimi alimentari ricchi di grassi saturi e carni rosse e stili di vita sedentari e poco inclini all’attività fisica. L’obesità e il sovrappeso rappresentano fattori di rischio significativi anche per il carcinoma dell’endometrio, oltre che per altre neoplasie.

Altri fattori di rischio sono correlabili all’attività ormonale della donna; in particolare, menarca precoce e menopausa in età tardiva, assenza di gravidanze, policistosi ovarica sembrano essere condizioni che favoriscono lo sviluppo della neoplasia. Terapie ormonali a base di soli estrogeni eseguite per attenuare i sintomi della menopausa rappresentavano un tempo un fattore di rischio rilevante, mentre oggi le attuali terapie di combinazione estro-progestiniche sembrano avere un’attività protettiva, così come l’uso della pillola anticoncezionale in pre-menopausa.
Donne affette da neoplasie della mammella in terapia con Tamoxifene presentano un aumento del rischio di carcinoma endometriale, pertanto vengono sottoposte a periodici controlli per prevenire tale rara eventualità.

Esistono inoltre fattori ereditari e familiari che possono predisporre allo sviluppo di tumore dell’endometrio. In particolare la sindrome di Lynch, a trasmissione ereditaria e associata a un elevatissimo rischio di carcinoma del colon, può comportare anche un rischio del 40-60% di carcinoma endometriale. L’istotipo più frequente è l’adenocarcinoma di tipo endometrioide (75-80%).

Prevenzione

La prevenzione primaria del carcinoma dell’endometrio si attua prevalentemente nella correzione di stili di vita considerati a rischio, in particolare per quanto riguarda le abitudini alimentari (cibi ad alto contenuto di grassi saturi e zuccheri, dieta povera di fibre e ad alto apporto calorico), la scarsa attività fisica e l’eccesso di peso.

Particolari condizioni di sbilanciamento ormonale possono essere corrette mediate terapie adeguate, ad esempio l’utilizzo della pillola estro-progestinica.

Nelle donne che presentano condizioni di rischio non correggibili, legati ad esempio alla familiarità o ad altre situazioni predisponenti, è sicuramente indicato eseguire controlli ginecologici periodici comprensivi di ecografia transvaginale al fine di individuare precocemente eventuali neoplasie.
Nelle pazienti ad alto rischio, ad esempio quelle affette da sindrome di Lynch, vi può essere indicazione, al momento della menopausa o comunque una volta esaurito il desiderio di maternità, all’intervento chirurgico di isterectomia a scopo preventivo.

Sintomi

Il segno iniziale che, generalmente, può far sospettare la presenza di un tumore dell’endometrio, è la comparsa di perdite ematiche vaginali anomale e/o inaspettate sia in menopausa che durante l’età fertile.

Nelle fasi più avanzate di malattia vi possono essere dolori pelvici, addominali, lombosacrali, comparsa di tumefazioni linfonodali a livello inguinale e conseguente edema agli arti inferiori e alla vagina, alterazioni dell’attività intestinale e difficoltà respiratorie.
Raramente la diagnosi viene posta in maniera accidentale in donne del tutto asintomatiche che si sottopongono a esami di controllo.

Diagnosi

Ogni donna in menopausa che presenti una perdita di sangue dalla vagina, e ogni donna in età fertile che presenti dei sanguinamenti anomali nel periodo inter-mestruale, deve sottoporsi a una visita ginecologica e a un’ecografia transvaginale, esame che permette di individuare eventuali neoformazioni a livello endometriale e di stabilire il rischio che si tratti di una neoplasia maligna.
Una volta individuata una lesione sospetta, per la diagnosi è necessario eseguire dei prelievi bioptici generalmente tramite isteroscopia.

Qualora l’esame istologico confermi la natura maligna della lesione si procede alla stadiazione della malattia, per la quale la metodica più accurata è rappresentata dalla risonanza magnetica nucleare (RMN) con mezzo di contrasto della pelvi per valutare l’invasione locale, mentre la tomografia assiale computerizzata (TAC) con mezzo di contrasto e la PET-CT vengono impiegate per individuare eventuali metastasi a distanza.

Cura

Il trattamento del carcinoma dell’endometrio in stadio iniziale prevede l’intervento chirurgico che comprende l’asportazione dell’utero (isterectomia totale) e, con l’eccezione di casi selezionati diagnosticati molto precocemente, delle tube, delle ovaie e dei linfonodi pelvici.

In base ad alcuni parametri, comprendenti le caratteristiche istologiche e l’estensione locale della malattia, le pazienti possono poi essere sottoposte a trattamenti post-operatori (adiuvanti) con lo scopo di ridurre la probabilità di una ripresa locale e/o a distanza del tumore. Questi trattamenti possono prevedere la radioterapia pelvica e/o la brachiterapia endovaginale e, nei casi considerati più aggressivi, la chemioterapia.

Nei casi di malattia recidivante o che si presenta già in stadio avanzato all’esordio, il trattamento deve essere stabilito caso per caso e può giovarsi di diverse metodiche comprendenti la chirurgia a scopo palliativo, la radioterapia e la chemioterapia.

Per alcuni tipi di carcinoma endometriale ad andamento meno aggressivo e più indolente, un’ulteriore opzione è rappresentata dalla terapia ormonale.

Follow up

Gli esami da considerare durante il follow up del carcinoma del corpo dell’utero sono la visita clinica generale e ginecologica (volta a individuare eventuali segni/sintomi di ricaduta). Questa è da eseguirsi più frequentemente nei primi tre anni (ogni 4 mesi circa), successivamente semestralmente fino al 5° anno. In assenza di indicazioni cliniche non è raccomandato l’utilizzo di esami strumentali più approfonditi (TAC, RNM o PET/TC).

Tale strategia di follow up deriva da revisioni delle letteratura e consensi degli esperti in quanto ad oggi non esistono chiare evidenze scientifiche sul ruolo e le modalità di sorveglianza.

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